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I

Le versioni latine del Régime du corps

 

 Il Régime du corps di Aldobrandino da Siena è un trattatto divulgativo in lingua francese composto attorno alla metà del XIII secolo che conobbe una notevole diffusione. L’uso della lingua volgare, il carattere eminentemente pratico, la raccolta organizzata di una notevole quantità di notizie utili senza l’aggravio di considerazioni scientifiche di difficile comprensione, sono i fattori che maggiormente contribuirono a decretarne il successo. L’opera conobbe innumerevoli adattamenti e oggi sono note diverse versioni francesi rimaneggiate, nonché traduzioni catalane, fiamminghe e italiane[1].

 Per Alcide Garosi, che dedicò ad Aldobrandino da Siena lunghi anni di ricerca, l’importanza del Régime du corps risiede soprattutto nell’assenza di contatto diretto col latino, ovvero nel fatto che « non risulta esistere traccia dell’opera di Aldobrandino in questa lingua »[2]. Sulla base di questa certezza, che poneva il trattato nella posizione di prima opera medica composta direttamente in francese, si sono sviluppate le successive ricerche.

 Tuttavia, pochi anni orsono, Pedro Gil-Sotres segnalò l’esistenza di una inedita versione latina del Régime, conservata in un manoscritto della Bibliothéque Nationale di Parigi, alla quale venne però prestata scarsa attenzione[3]. Ma non basta : scorrendo le colonne del Catalogue of Incipits di Thorndike e Kibre, è possibile imbattersi in un’opera medica dal titolo Liber medicine in practica de sanitate corporis conservanda et de infirmitate et pestilencia fugienda[4], indicata nel repertorio come anonima, non essendo riconducibile a nessuno dei pur numerosi Regimina sanitatis medievali. Ma un confronto appena più approfondito permette di dare consistenza ad un iniziale sospetto : anche in questo caso si tratta di una versione latina del Régime du corps, tramandata in questo caso da un codice della Bodleian Library di Oxford.

Dunque almeno due sono i testimoni che conservano una versione latina del Régime, e tale scoperta costituisce un nuovo interessante elemento da non sottovalutare, perché rende ancora più complicato ricostruire la tradizione dell’opera di Aldobrandino. Inoltre nel caso della segnalazione dell’esistenza di una versione latina, non si può sfuggire al quesito relativo al rapporto tra testo francese e testo latino, rapporto in realtà molto meno scontato rispetto a quello tra francese e altre lingue volgari. La domanda che immediatamente ci si pone nel trovarsi di fronte a questi inaspettati testimoni è di carattere cronologico : la versione latina deriva da una delle redazioni francesi o al contrario è la fonte da cui esse discendono ?

Qui la questione si fa delicata, poiché se il testo latino precedesse il francese, il trattato di Aldobrandino perderebbe in un solo istante il primato nel campo delle opere mediche composte in volgare, e finirebbe per occupare un posto qualunque tra le molte volgarizzazioni del basso medioevo. Nel caso contrario vedremmo invece attribuita ad Aldobrandino un’autorità forse inaspettata, un’autorità rilevante al punto da far meritare al suo trattato una o più traduzioni in latino, sollevando così l’opera da un ruolo di pura divulgazione. Entrambe le evenienze prospettano una revisione del quadro costruito finora dagli studiosi attorno al Régime : bisognerà ripensare certi rapporti, e capire come collocare questi nuovi testimoni in rapporto alla genesi e alla diffusione del trattato di Aldobrandino da Siena.

Il presente studio ha cercato di rispondere innanzitutto alla prima domanda, quella sulla posizione genealogica - per così dire - della versione latina, focalizzando l’attenzione in particolare sul manoscritto di Oxford. E la risposta, per anticipare alcune delle conclusioni, sembra abbastanza chiara. È da escludere infatti che quella versione latina possa essere fonte per il testo francese, ed è anzi sicuramente vero il contrario. Come si vedrà, il codice della Bodleian Library tramanda un testo che deriva dalla cosiddetta Redazione B Roger dell’originale francese. Si conferma dunque per il Régime l’assenza di una fonte latina. Il suo primato rimane intatto : è un’opera medica in volgare che non ha paragoni né per antichità né per complessità.

Nonostante questo le versioni latine del trattato mantengono un loro valore, soprattutto in prospettiva di una riflessione più ampia sulle tematiche legate alla traduzione in senso lato. Ci si pone cioè un’ulteriore domanda, forse meno immediata, ma certamente più ricca di risvolti inattesi : come si può descrivere il ruolo del latino all’interno di queste dinamiche di traduzione ? Nel caso di opere originariamente composte in volgare, il pubblico che ne può fruire non appartiene necessariamente ai ceti sociali più alti e quindi il bacino di lettori potenziali è maggiormente esteso. Tuttavia il volgare spesso non sa valicare i confini linguistici "nazionali" e se quindi conosce una diffusione notevole in senso verticale - ovvero scendendo nella gerarchia sociale all’interno di un’area linguistica predefinita, e non rimanendo appannaggio escusivo dei dotti - fatica ad imporsi in senso orizzontale, vale a dire divenendo pa­tri­monio comune di un pubblico più istruito che abita un territorio sovranazionale. Questo è quanto invece il latino riesce a fare, e sotto una certa ottica esso si presenta allora come una lingua di volgarizzazione scientifica[5]. Tale specie di volgarizzazione inversa, per cui in un certo senso è il latino ad assumere il ruolo di lingua più ampiamente comprensibile, meriterebbe una riflessione approfondita. Il primo passo è senza dubbio condurre una ricerca sull’effettiva pratica di traduzione dal volgare al latino, censendo le opere che ne furono oggetto e valutando a che fine l’operazione fu condotta.

In uno dei pochi contributi dedicati a queste tematiche, Leonard Grant asserisce che la storia della traduzione latina di opere mediche inizia dal tardo XV secolo[6]. Il codice di Oxford dimostra invece che il fenomeno si afferma precedentemente, almeno all’inizio di quel secolo. Questo semplice dato conferma che la traduzione del Régime può essere allora un’occasione in più per chiedersi : chi traduceva dal volgare in latino du­rante il medioevo ? Da chi erano commissionate le traduzioni ? A quale scopo ? In che modo si traduceva ? Le traduzioni in latino fino a che punto testimoniano un in­nal­za­men­to del livello di interesse verso l’opera ? E il latino, in qualità di lingua franca della scienza, può essere considerato un "volgarizzatore" rispetto alle giovani lingue nazionali ? Solo recentemente l’attenzione è stata attirata verso questo ambito di studi, e il manoscritto Canon. Misc. 388 rappresenta uno stimolo a proseguire su questa strada[7].



[1] Una presentazione completa della tradizione del Régime si trova nel capitolo terzo.

[2] Garosi, Aldobrandino da Siena, p. 15.

[3] Si tratta del manoscritto Paris, Bibliothèque Nationale, Lat. 10240, ff. 1-45r (cfr. Arnaldus de Villanova, Opera medica omnia, pp. 64, 520). Non mi è stato possibile effettuare il confronto necessario a stabilire le corrispondenze e le divergenze con il manoscritto qui studiato, tuttavia Gil-Sotres segnala che il codice di Parigi, risalente al XV secolo, non riporta il testo nella sua integrità.

[4] Thorndike - Kibre, A Catalogue of Incipits, col. 68. L’opera è contenuta nel codice Canonici Misc. 388 della Bodleian Library di Oxford, precedentemente citato da : Little, Initia operum latinorum, p. 71 ; Waley Singer - Anderson, Catalogue of Latin and Vernacular Plague Texts, pp. 121-122.

[5] Un’interessante raccolta di saggi relativi a questi temi è Traduction et traducteurs.

[6] Grant, European Vernacular Works, p. 142. È dedicato a questo argomento anche il saggio di Vernet, Les traductions latines.

[7] Su tale tematica si è tenuto un incontro il 26 aprile 2001 a Parigi presso l’IRHT nell’ambito del ciclo « Le traductions au Moyen Age et à la Renaissance ». Ne è scaturita la volontà di avviare un progetto di censimento e studio di queste traduzioni, al fine di delineare al meglio i contorni di una pratica finora sostanzialmente ignorata.

 

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Pour citer cet article : Sebastiano Bisson, Una versione latina del "Régime du corps" di Aldobrandino da Siena (Oxford, Bodleian Library, Canon. misc. 388), tesi presso la « Scuola di specializzazione per conservatori di beni archivistici e librari della civiltà medievale » dell’Università di Cassino, 2001.

En ligne : [ http://www.tradlat.org/ecrire/ ?exec=articles_edit&id_article=103]


Liste de brèves


Docta interpretatio in latinum sermonem

Docta interpretatio in latinum sermonem "Traductions savantes vers le latin" : colloque organisé à l’ ENSSIB les 22 et 23 novembre 2013


Parution récente

Vient de paraître :
Traduire de vernaculaire en latin au Moyen Age et à la Renaissance. Méthodes et finalités. Études réunies par Françoise Fery-Hue, Paris, École des Chartes, 2013, 342 pages (Études et rencontres de l’École des chartes, 42). ISBN 978-2-35723-035-4 - Prix France : 32€


The Medieval Translator 2013

Consacré à la traduction au sens le plus large, le récent colloque du Medieval Translator à Louvain du 8 au 12 juillet 2013 :
The Medieval Translator 2013 / The Cardiff Conference on the Theory and Practice of Translation in the Middle Ages
"Translation and Authority - Authorities in Translation"
fournit de nouvelles contributions sur les traductions de vernaculaire en latin et sur l’apprentissage des langues vernaculaires à l’aide du latin


Une publication récente

Nikolaus Thurn, Neulatein und Volkssprachen. Beispiele für die Rezeption neusprachlicher Literatur durch die lateinische Dichtung Europas im 15.-16. Jh., München, Wilhelm Fink, 510 p. (Humanistische Bibliothek, Texte und Abhandlungen, 61).